D’UN TRATTO LEI, Cap. 2

«Il rappresentante passerà domani mattina, potrei richiedergli di procurarmi il pezzo.»

«Domani mattina?» si stressò Angel, agitandosi sulla sedia del ristretto ufficio dell’officina. «Signor Sky, non c’è qualche possibilità di procurarlo stasera. Non so, una città qui vicino che possa essere rifornita?»

«Mi dispiace, signor Wild, ma sono quasi le sei e nessuno effettua trasporti dopo questo orario, e per arrivare a Tucson occorre anche più di un’ora. Non troveremmo nulla di aperto, considerando inoltre la marca straniera del veicolo, non siamo nemmeno sicuri che ci sia la disponibilità» si rincrebbe l’uomo, manifestandosi comprensivo nel timbro di voce, massimamente bendisposto nella sua espressione.

«Ok, ma allora cosa faccio?» si afflisse, pensando che ora sì, che era incastrato in quel posto dimenticato da Dio.

«Posso accompagnarla alla stazione degli autobus e ritornerà domani, però se devo essere franco, non so se per oggi passerà un’altra corriera. Magari se ha qualche amico che sia disposto a venire a prenderla, oppure far intervenire da Phoenix un suo meccanico di fiducia per trasportarla, ed eseguiranno loro la riparazione» lo sovvenne, avendo avvertito un acuto panico trasparso dall’interrogazione del suo interlocutore.

«Sarebbe impraticabile, una vera avventura. In condizioni normali sono tre ore di viaggio, e soltanto all’andata» valutò lui, emettendo sospiri a iosa. «Va bene, senta, io domani sarei comunque dovuto tornare per incontrare un cliente. Mi tratterrò qui stanotte, e se riuscisse a farmi arrivare il pezzo di ricambio, mi farà la cortesia di sistemarmela in giornata?»

«Senz’altro, farò il possibile» s’impegnò Dag, sorridendogli benevolo. «Adesso telefono al mio rappresentante di fiducia e anche ad alcuni dei miei rifornitori, i più equipaggiati. Non si sa mai, magari lo hanno disponibile e possiamo affrettare i tempi, ordinarlo già da stasera e quindi metterlo subito in consegna, appena apriranno domattina.»

«Perfetto, la ringrazio» si ritemprò, pur se di poco. «E poi…» Questa era la domanda più difficile da porgli, giacché temeva la risposta. «C’è un motel, una pensione, un posto dove poter pernottare?»

«Sì, c’è un ostello, e questa sera c’è anche la festa del paese, potrà distrarsi almeno un po’. Immagino come sia sgradevole questa situazione.»

«Grazie, ma ne approfitterò per riposarmi» rifiutò, di getto, non perché disdegnasse la vita di paese, benché in verità non lo facesse neanche impazzire, ma in completa franchezza quello era un luogo che voleva cancellare. E l’unico proficuo sistema per attuarlo era di dormirci su, risvegliarsi quando sarebbe stato materialmente in grado di abbandonarlo.


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L’uomo gli accennò un inchino e si largheggiò in un altro sorriso. «Come preferisce.»

Lui invece era sempre più sfibrato, sfiduciato. «Può dirmi come fare per arrivarci, che so un taxi, un autobus?»

«No, niente taxi, qui non ne abbiamo.»

“Ma certo, che stupido, si può sapere che diavolo di domande fai, Wild?” si rampognò, tacitamente.

«La faccio accompagnare da mia figlia, sta tornando a casa giusto adesso» gli propose l’uomo, scrutando al di là del vetro dell’ufficio.

Angel a quel gesto s’irrigidì. «Non mi sembra il caso, non vorrei disturbare» ricusò, giacché sinceramente la compagnia di quella donna, oltre che ad irritarlo, lo disponeva in uno stato di singolare agitazione. Forse perché proprio una donna non era, non rispondeva senz’alcun dubbio ai canoni femminili regolamentari, e lui di conseguenza non riusciva a porsi in forma corretta, adeguata nei suoi confronti. Insomma, lo confondeva.

«Ma le pare, da queste parti siamo ospitali con i forestieri, sa?»

«Non intendevo alludere a questo» si mortificò lui, avendo evinto di avergli inviato un messaggio errato, frainteso.

«Lo so, volevo solamente precisarglielo, per cui non si ponga problemi se ha bisogno» rinnovò, assai cordiale. «Venga, prima che mia figlia vada via.»

Angel non poté fare a meno di soccombere a quella presa di posizione, innanzitutto per una questione di educazione, non era opportuno snobbare una così squisita gentilezza, anche inaspettata, data la non peculiarità di carattere con la figlia, praticamente agli antipodi da codesto punto di vista. «La ringrazio.»

Dag si alzò dalla poltrona e gli fece strada. «Maddy?»

«Sì…?» Lei si girò irrigidita, era già all’ingresso che stava andandosene via, senza neanche svestirsi della tuta da lavoro e del berretto, come se avesse intuito l’inghippo e in pratica se la stesse dando a gambe.

«Accompagneresti il signor Wild all’ostello?»

«Ma… papà…» esitò lei, orientando un’occhiata disturbata ad Angel che giunse faconda a destinazione.

«Che c’è?» si sbalordì il padre, non pervenendo ad afferrare la genesi di tanta titubanza.

«No, niente…» eluse, propensa a non dimostrarsi capricciosa. «Stavo pensando alla mamma, le avevo promesso di rientrare prima e sono in ritardo, ecco tutto. Comunque d’accordo, tanto è di strada.»

Dag annuì, delineando un cortese cenno ad Angel di andare, e lui silenziosamente seguì Madelyn fino alla sua automobile.

«Non è davvero fortunata oggi» osservò lui, appena si furono accomodati nel veicolo.

Madelyn non replicò, era stufa di quei punzecchiamenti. Però più oltre non resisté, era più forte di lei, in particolare perché il suo orgoglio non intendeva permettergli di frascheggiarla, un bell’altolà se lo meritava. «Dovrebbe parlare per se stesso, Angel, visto che si ritrova in questo posto isolato e non fa che lamentarsi del caldo che, mi scusi, ma è il più insignificante dei problemi, quantomeno per le persone normali che di problemi ne hanno sul serio.»

«Allora è questo, io non merito la sua stima per una mera questione di temperatura?» la provocò lui, ben sapendo che non era tale il cardine scatenante. Ma pizzicarla per freddure magari l’avrebbe ammansita, impegnata a districarsi in una risposta che non conosceva nemmeno lei, poiché era lapalissiano che il loro rigetto reciproco fosse semplicemente epidermico.

© Christine Kaminski | Vietata la riproduzione senza consenso scritto

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