L’AMICA DI ALICE di Stefania Campobello

Nessuno lo sa, però Alice aveva un’amica, non un’amica ordinaria, era magica… sì, era una Fata, una Fatina per l’esattezza, ma forse l’abbiamo tutti, c’è chi la vede e chi no…

Dopo la sua ultima avventura nel Paese delle Meraviglie, la sua vita proseguiva più o meno in modo normale, solamente il ricordo di quel mondo poteva dirsi fantastico, che senz’altro non aveva dimenticato, anzi, spesso le accadeva di sognarlo la notte. Il suo subconscio era rimasto profondamente toccato, e più e più volte le riproponeva le immagini di quelle creature, di quelle avventure, sempre più arricchite di dettagli, dettagli che durante l’esperienza probabilmente erano a lei sfuggiti, per l’intensità dell’esperienza stessa, ma che la sua mente aveva memorizzato, passo per passo.

E così, le sue meraviglie proseguivano nei suoi sogni, notte dopo notte, momenti in cui rivedeva il Bianconiglio, la Regina Rossa, il buffo Stregatto… e naturalmente la sua Fatina. La Fatina alleggeriva i suoi pensieri, anche di giorno, le era sempre vicina e le permetteva di non inabissarsi nella fredda logica del mondo reale, per mantenere viva la Magia di quei luoghi, di quelle creature, la Magia nel suo cuore.

Ma, in tutto questo, Alice trovò mai l’Amore? Già… in questa sua storia sembra un elemento piuttosto sottovalutato. Certo che Alice era ancora una bimba, ma quale bambina non ha mai sognato l’Amore romantico, un Principe, un matrimonio da favola con il velo bianco?

E questo era soprattutto il compito della Fatina. Alice era così immersa in quei ricordi che, crescendo, stava perdendo di vista questo grande sentimento, il sentimento che muove il mondo, che lo crea e lo tiene in vita.

La prima cosa da sapere allora è se mai incontrò un Principe, un Cavaliere, un ragazzo speciale… forse, tuttavia non se ne accorse, non lo notò, le sfuggì grandemente… si può dire allora che l’Amore abbia molteplici forme, e l’Amore romantico è soltanto una faccia dell’Amore. Il suo Amore era per la fantasia, i mondi magici, i ricordi fantastici. La Fatina non la spronò, non la costrinse, però le diede l’opportunità di scegliere. Come? Beh, facile da intuire, le organizzò in gran segreto un incontro romantico, che di più romantico non si poteva.

La portò un giorno, vicino alla tana del Coniglio, questo probabilmente perché in Alice tutto ciò che era interesse era legato a quella porta, alla porta delle meraviglie, ma stavolta il Coniglio Bianco non c’era, o presumibilmente non ci sarebbe più stato. Alice era ormai grande e quel genere di porta non le sarebbe mai più stata aperta, era un’altra porta che doveva aprirsi, sempre se lei avesse voluto.

Accanto alla tana, sigillata, Alice notò un enorme albero, un ciliegio selvatico cresciuto più del normale. Era grande, grandissimo e le sue fronde ricadevano a cascata ricolme dei suoi frutti rossi, grossi, rotondi e succosi come mai s’era visto.

«Entro da lì?» aveva chiesto alla Fatina, intuendo dalle sembianze che fosse un albero magico, convinta che l’aspettasse un altro viaggio in quel mondo, ma differente. Differente lo era, tuttavia la Fatina non glielo spiegò, si limitò a sorriderle e ad agitare la sua bacchetta.

Quale Magia fece non si seppe, fu invisibile anche per Alice, che fremente attendeva di rivivere quell’incanto. Erano anni che lo sognava, che lo desiderava, e questo ulteriore dono l’aveva resa felicissima, convinta che invece non lo avrebbe più visto, né visitato.

Alice aspettò ma, constatando che non succedeva niente, si voltò interrogativa verso la Fatina che, però, era svanita subito dopo aver fatto la sua Magia.


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Allora Alice si sedette, proprio accanto all’albero, poggiando la sua schiena al tronco rassicurante e straordinariamente vitalizzante. Allungò le gambe e si mise comoda, forse doveva aspettare, pensò, doveva essere paziente, crederci, e perciò zitta zitta, calma calma, stette lì ad aspettare, finché, all’improvviso si addormentò.

«Sveglia» le ingiunse caldamente una voce roca, ed Alice sbatté gli occhietti un po’ intorpidita, vedendo davanti a sé le fronde dell’albero che s’erano abbassate così tanto, verso di lei, da sembrare che volessero abbracciarla.

«Chi sei?» chiese molto tranquilla, non aveva certo paura, era davvero abituata a fenomeni incantati, e questo non era senz’altro il primo che avesse veduto.

«Cogli un mio frutto» la invitò con gentilezza.

Alice subito accettò e colse una ciliegia. «Devo mangiarla?»

«Hai paura?»

«No, ma… che tipo di frutto è? Cioè… è magico? Mi farà attraversare di nuovo la porta?»

«È il Frutto dell’Amore.»

«Ah…» Era un po’ dispiaciuta.

«Non sei disposta a conoscere l’Amore?»

«Non so… in verità non ci ho mai pensato» ammise lei con una smorfia, mentre osservava indecisa il frutto che pendeva dalle sue dita.

«A te la scelta, Alice.»

La ragazza era delusa, di sicuro avrebbe desiderato altro, quel mondo le era entrato sottopelle ed era difficilissimo rinunciarvi. Temeva che accettando quel frutto tutto sarebbe cambiato, che la scelta a cui si riferiva l’albero fosse proprio questa. Scegliere tra l’Amore e la Magia.

Quindi, per evitare di tormentarsi nel dubbio, gli pose una domanda diretta: «Se io lo mangiassi, e l’Amore pertanto s’impadronirà di me, cosa ne sarà del mio Paese delle Meraviglie? Non potrò più vederlo?»

«Piccola Alice» parve sorridere l’albero. «Il Paese delle Meraviglie è dentro di te, così come lo è l’Amore. Devi solo aprirne la porta. E tu stessa.»

«Ma devo scegliere?»

«Una cosa non esclude l’altra. Ma se il tuo Paese delle Meraviglie rende magica la tua infanzia, l’Amore renderà magica la tua maturità.»

«È sempre una scelta… devo scegliere se diventare adulta, non è così?»

«Solo se manterrai sempre vivo il bambino che è dentro di te.»

«Non vorrei abbandonarlo mai…»

«E così dev’essere. Ma la vita è fatta di fasi, ed ora ne sta iniziando un’altra. Non puoi arrestare il corso della Natura, non potrai restare bimba per sempre.»

Alice rifletteva sulle parole dell’albero e le venne un altro dubbio. «Tu non sei un semplice albero, giusto? Non ci sarai più se ritornerò, vero?»

«Se mangerai il mio frutto io ci sarò sempre, anche se non mi vedrai più.»

«Sei tu l’Amore?» insistette, voleva essere sicura.

«Io posso portarti l’Amore.»

«D’accordo, accetto. Se l’Amore è magico non posso chiedere di meglio, se questo è ciò che la Natura disegna per noi.» Mangiò il frutto e stette in attesa.

«Molto bene.» L’albero l’avvolse tutta, emanando un profumo sublime, che divenne pian piano soporifero ed Alice si riaddormentò.

«Stai bene?» Una voce maschile la svegliò.

Alice aprì gli occhi e si ritrovò distesa in mezzo ad un prato, lontano dal luogo in cui la Fatina l’aveva condotta.

«Sì, sì… sto bene, perché?» replicò, senza dapprima vedere chi fosse colui che le aveva posto questa domanda.

«Beh, ti ho trovata qui in mezzo al nulla ed ho pensato che fossi svenuta.»

«No, no…» bisbigliò Alice, un po’ impacciata. Aveva visto il giovane ed era stregata. Non era bellissimo ma aveva un nonsoché di particolare, forse di magico… e si chiese se non fosse per via di quel frutto, se fosse puramente una specie di Magia.

Ma non lo era. Alice aveva soltanto accettato che l’Amore romantico entrasse a far parte della sua vita, aveva aperto quella porta, lei stessa era ora aperta, e la fortuna le aveva donato l’opportunità di incontrare immediatamente la persona che avrebbe potuto far germogliare in lei quel meraviglioso sentimento. Oppure era stata la Fatina?

Alice sorrise tra sé e sé e pensò alla sua amica, quella furbetta che era stata veramente un cupido esemplare. E la vide, da lontano che svolazzava felice tra i fiori, una mano che la salutava briosa, prima di dissolversi in un bagliore. Non la vide più, da quel momento in poi scomparve dalla sua vita, ma non per questo non fu più con lei.

Alice era diventata adulta e non poteva più vedere la sua Fatina, ma la sentiva sempre vicina, ed è vero, era così… la Fatina rimase sempre con lei, invisibile, ma sempre presente. Finché Alice non si innamorò sul serio e visse l’Amore come la più grande delle Magie.

Ma una Magia reale, la più bella Magia che un essere umano possa vivere.


© Christine Kaminski | Vietata la riproduzione senza consenso scritto

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