Pratolina quel mattino andò a passeggiare nel bosco. Dovete sapere, che Pratolina era una Fata piccina, così chiamata per la sua bassa statura ma molto intelligente e molto molto furba.
Il vento si divertiva a farle i dispetti, ma lei non perdeva mai la pazienza. Usciva sempre di buonora dalla sua casetta incantata, situata nelle vicinanze di un laghetto dorato, ai primi bagliori di un’alba in cui il sole si svegliava e si specchiava nel lago dorato, e si potevano vedere riflessi le cime delle bianche montagne e i secolari alberi.
La casetta incantata era anche vicina al vecchio sentiero dei cacciatori, tuttavia era seminascosta dai rigogliosi alberi dove sovente andavano a rifugiarsi leprotti e fagiani. Spesso, infatti, venivano dei cacciatori e con i loro grossi fucili facevano un gran chiasso, ma le Fatine che proteggevano gli animaletti del bosco li nascondevano rendendoli invisibili, cosicché i cacciatori si stancavano e non riportavano a casa nulla, mentre le Fatine dentro a loro stesse se la ridevano gioiose.
Con il passare del tempo, i cacciatori delusi si dimenticarono del vecchio sentiero e non si erano più visti da quelle parti. Per le giudiziose Fatine quella porzione del bosco era diventata il loro Regno, avevano stretto amicizia con la Maghetta Morena che insegnava loro dei buffi trucchetti e dispetti innocui, ed esse si divertivano tutto il giorno facendo giochetti innocenti a chiunque tentasse di violare il loro piccolo, prezioso angolo di mondo.
Pratolina ogni mattina usciva per la solita passeggiata in cerca di una nuova avventura, lei era sempre molto curiosa di imparare dalla vita, voleva coglierne ciascun aspetto, rendendosi comunque invisibile come le aveva insegnato la Maghetta Morena.
Sul confine del bosco, in un modesto ma grazioso parco arrivavano il pomeriggio tanti bimbi con le loro mamme a chiacchierare e a giocare. Pratolina stava silenziosa in un cantuccio ad osservarli per ore e, beatamente divertita, li guardava giocare e scambiarsi raggianti sorrisi, ma nei momenti in cui i più piccini erano in difficoltà correva in loro soccorso, con i suoi iridati incantesimi. Il premio più grande per lei era di far ritrovare loro la gioia ed il sorriso.
Quella mattina decise di giocare con i colori, nella borsa di paglia aveva sette fazzoletti colorati. Tra i cespugli in fiore colse sette fragoline selvatiche e le legò nel fazzolettino rosso, poi racimolò una manciata di verdi foglioline sparse qua e là e la introdusse nel verde fazzoletto; colse le primule gialline ma prima ne succhiò il dolce nettare e fischiettò con i fiori. Infine, con il consueto rito le inserì nel giallo fazzoletto.
Sul sentiero delle bianche campanelle, questi ridenti fiorellini s’inchinarono al vento per salutarla, così Pratolina ringraziò l’amico vento che con complicità le leggeva dentro al cuore e la baciava gentilmente. Comprese che quel giorno doveva diventare speciale e unico, sicché, esaltata da questo pensiero canticchiò una canzone, Bianche e innocenti campanelle siete le più belle, legò il bianco fazzoletto e vi sistemò le sette bianche campanelle.
Più avanti nel sentiero sentì il profumo delle viole che le fecero assaggiare il dono della bontà, così Pratolina capì che ogni colore doveva vibrare un messaggio d’Amore.
Felice di questa nuova scoperta canterellò entusiasta: «Viola violetta sei l’amica più stretta, con te voglio giocare e tante cose imparare.» Aprì il fazzoletto viola e vi custodì le odorose viole, chiuse la borsa di paglia e proseguì lungo il fitto sentiero, cogliendo dei fiori stranissimi da uno stelo stretto e alto di colore blu.
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A terra trovò anche delle foglie secche ma squisitamente belle, d’una forma assai particolare e dal colore marrone e le raccolse. Dopo ritirò i fiori blu e le foglie nei fazzoletti del colore corrispondente, come aveva già eseguito per gli altri colori.
In quell’istante, ispezionando la sua borsetta si accorse di non aver più fazzolettini colorati da riempire, aveva avviato la sua raccolta come per catturare i colori ma ora non sapeva in che maniera continuare il gioco. Allora prese i pacchettini legati come dei fagottini, li infilò su un ramoscello e giocherellando li fece danzare su e giù, immaginando di regalare ad essi forma e colore.
Mentre ballava, cercava l’ispirazione. Ad un tratto, le venne l’idea di recarsi dalla Maghetta Morena per chiederle un consiglio sul suo gioco di colori, ma la casa della Maghetta era situata su una collina un po’ distante. Pigramente, la Fatina si sedé tra i fiori, prima di intraprendere la faticosa camminata fin lì sopra.
Le farfalline riconoscendola la salutarono ed anche gli uccellini cinguettarono per lei. E così Pratolina si distrasse un po’, si rialzò, cercò in mezzo ai rovi delle more e vinse la pigrizia.
Soddisfatta di aver recuperato le energie, si regalò una ghiotta scorpacciata di more per colazione; si sentì pungere le gambe e le braccia dai rovi e sopportò il dolore, dapprima spinta dalla golosità di degustare le mature more ma poi ripensò al fazzolettino con le viole, che attraverso il loro profumo le avevano trasmesso il messaggio della bontà e così si chetò.
Più in là, decise di pulirsi le mani e la boccuccia sporcate dalla tinta del succo delle more col fazzolettino dello stesso colore, il quale avrebbe beneficiato di una nuova colorazione viola senza macchiarsi. Però in un secondo si bloccò e s’interrogò su quanto le stava succedendo: le viole le avevano permesso di sentire il profumo della bontà e il cuore di Pratolina si era sentito invero felice, in dono aveva ricevuto la gioia; le more, quei frutti dolcissimi, le avevano invece regalato la dolcezza, superando la golosità con il lieve dolore provocato dai rovi. In aggiunta, aveva saputo vincere la pigrizia e non aveva perso la pazienza e, non lamentandosi, era riuscita a dare altro colore viola al fazzolettino.
© Christine Kaminski | Vietata la riproduzione senza consenso scritto
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