Una volta, tanto tempo fa, errava in cieli azzurri e sconfinati Falco, uno splendido uccello dallo sguardo fiero e dalle ali sempre pronte a librarsi verso la libertà. Era molto orgoglioso di sé, adorava il suo ottimismo e il suo becco adunco capace di cacciare le prede più possenti.
Tutti lo osservavano ammirati e stupiti dalla sua bravura e dalla sua fierezza. Eppure, tanta sicurezza era motivo di timore per gli altri uccelli, che spesso lo lasciavano solo per evitare il confronto.
Ma Falco aveva scoperto di non esserne troppo dispiaciuto. Si lasciava trasportare dalle correnti, sorvolava sovente luoghi meravigliosi e sconosciuti, beandosi di tali bellezze. Delle volte incontrava altri uccelli, si confrontava con loro e s’imponeva continuamente di imparare da ciascun incontro.
Ognora sorridente, voleva sempre andar dritto per la sua strada, senza curarsi degli ostacoli che gli si sbarravano dinanzi.
Un giorno si ritrovò di fronte Tempesta, una presenza forte e imponente che intimoriva tutti. Invece di cercare un riparo le andò incontro, sfidandola.
Vento, Pioggia, Grandine lo investirono, ma lui imperterrito proseguì. D’un tratto però, allorché Tempesta diventò più egemonica e violenta, una vocina giunse alle sue orecchie.
In un primo momento non comprese da dove provenisse, ma poi, scrutando alla sua sinistra, si accorse che era Piumetta, la più piccola tra tutte le sue piume, che lo chiamava spaventata.
«Ti prego» lo implorava «trova un riparo, ho paura che Vento mi strappi via da te!»
Tuttavia Falco preferì non ascoltarla e insisté caparbiamente nella sua sfida contro Tempesta. Fu una lunga lotta, ma dopo alcuni giorni di Pioggia e Vento tumultuosi, il temerario uccello si ritrovò in una splendida radura circondata da montagne e inondata da Sole, con Tempesta ormai alle spalle. Sorrise e, adagiandosi su un’alta rupe, gonfiò il petto, ancor più orgoglioso di se stesso.
«Sono il più forte tra gli uccelli!» si compiacque ad alta voce. «Nessuno vorrà più sfidarmi!»
Tutti lo udirono, ma nessuno commentò. Allora, tronfio e sicuro di sé, si lanciò a caccia di cibo.
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Subito, però, capì che qualcosa non andava: la sua ala sinistra non rispondeva perfettamente ai suoi comandi. La osservò con attenzione, e notò che un vuoto tra le sue piume lasciava passare eccessiva aria, compromettendo così il suo volo.
«Cos’è accaduto?» domandò Falco alle piume della sua ala.
«Piumetta non ha retto, Falco… Vento era troppo impetuoso e l’ha trascinata via.»
«Ed ora? Come farò senza di lei? Non riuscirò più a volare, né a cacciare come prima!» si angariò scuotendo il capo a ripetizione. Il suo cuore non resse, immaginandola sola e terrorizzata, preda delle intemperie.
«Cercala, Falco, forse anche lei ha bisogno di te!» fu il consiglio appassionato delle sue piume, e Falco lo seguì all’istante.
Ritornò sui suoi passi e cercò Piumetta in lungo e in largo gridando il suo nome. Cantò anche quelle melodie che tanto le piacevano, ma fu tutto vano. Piumetta era sparita.
Falco si disperò, capendo quanto la piccola Piumetta fosse importante per lui, e si rese conto che era stato sin troppo egoista e superficiale, in quella sua inutile sfida con Tempesta.
Erano giorni che volava ormai scoraggiato, quando sul suo volteggiante cammino incontrò Nuvola.
«Buongiorno, Falco. Tu sei colui che ha sfidato Tempesta, vero?»
«Buongiorno a te, Nuvola. Sì, sono io, e sono alla ricerca della mia amata Piumetta. Ti prego, dimmi, l’hai vista?»
Nuvola annuì con dolcezza per dargli conforto. «L’ho vista. Lei urlava il tuo nome, ma forse tu non l’hai sentita… eri troppo concentrato nella tua sfida.»
«Ho bisogno di lei, Nuvola, dimmi dov’è andata!» si disperò Falco quasi tremando.
«Chiedi a Vento, è lui che l’ha trasportata, le ha assicurato che l’avrebbe condotta in un luogo sicuro.»
E così fece. «Ti prego, Vento, portami da Piumetta… ho bisogno di lei!» quasi urlò dalla disperazione.
Vento imbastì un’espressione severa. «Nel momento in cui tu eri concentrato nella tua sfida con Tempesta, lei ti chiedeva aiuto ma tu non l’hai ascoltata. Allora ha pronunciato il mio nome invocando il mio soccorso, sapendo che ero l’unico a poterla aiutare. Ti porterò da lei, Falco, ma potrebbe non piacerti ciò che vedrai.»
Falco non volle sentire ragioni, si fece trascinare da Vento e giunse nella rischiosa città degli Umani. Vento lo sospinse fin sul davanzale di una finestra ma, dapprincipio, l’uccello vedeva soltanto una donna umana intenta in chissà quali strane faccende. Falco restò interdetto ma poi, ad un movimento della donna, si scoprì la figura di Piumetta, bizzarramente distesa sulla sua spalla sinistra.
Appena la vide, un filo di speranza fece capolino tra i suoi pensieri ed urlò a squarciagola: «Piumetta! Finalmente ti ho trovata! Mi sei mancata tanto! Ho bisogno di te… torniamo a volare insieme!»
«Oh, Falco!» sospirò Piumetta. «Mi spiace, ma non posso venire con te. Ero sola e impaurita, e Vento mi ha portata qui. Ora sono al sicuro e in questa casa mi vogliono bene, anche se sono piccola e fragile, e non posso più muovermi…»
«Anch’io ti voglio bene, Piumetta!» la rassicurò lui con enfasi.
«Lo so, mio bel Falco, ma questa donna ha anche un uomo, e mi rende partecipe delle sue gioie e dei suoi dolori. Non sono più sola, come in quell’azzurro cielo sconfinato. Bellissimo, sì… ma così algido… Qui, vivo.»
Falco non seppe cosa aggiungere e si ammutolì. Lasciò Piumetta al suo desiderio e planò su di un albero poco distante. Osservò la vita degli Umani che scorreva, tra quello che essi chiamavano lavoro o che definivano divertimento, senz’altro incomprensibili per un uccello.
Una cosa più di tutte lo colpì: la donna di Piumetta con il suo uomo. I due Umani si abbracciavano ed erano sempre felici e sorridenti, si scambiavano tenerezze che loro chiamavano baci, e in una di queste occasioni ravvisò Piumetta veramente felice, come non l’aveva mai vista.
Allora Falco decise, Piumetta gli mancava troppo.
Chiamò Vento e gli richiese lo stesso destino di Piumetta. Aveva notato che Piumetta era diversa da come la conosceva lui, sempre ferma in quella medesima posizione, senza potersi più muovere, ma quel senso di appagamento che aveva distinto in lei lo aveva convinto a ricorrere a questa drastica scelta.
«Ne sei certo, Falco?» domandò Vento fissandolo significativo negli occhi e, alla curiosità di Falco che non capiva in cosa consistesse l’insolita condizione di Piumetta, gli spiegò che gli Umani chiamavano tatuaggio il simbolo che imprimevano per sempre sulla loro pelle, quello in cui aveva trasformato Piumetta, essendo lui forza creativa che aveva il potere di tramutare la materia. «Sappi che non vedrai più il cielo da così vicino, né ci saranno più sfide con Tempesta od altri uccelli.»
«Ma potrò abbracciare la mia dolce Piumetta, solamente così ritornerò completo.» Falco era più che mai deciso, non gli interessava null’altro.
«E sia» accettò Vento distinguendo la sua totale convinzione. «Ti accontenterò.»
E così fu. Vento lo trasformò in tatuaggio e lo sospinse tra i pensieri e nella volontà dell’uomo, compagno della donna di Piumetta. Falco finì sulla schiena di costui e poté finalmente, nell’abbraccio dei due Esseri Umani, ricongiungersi alla sua parte mancante.
La sorpresa di Piumetta fu tanta, tuttavia comprese quanto fosse stata sempre importante per il suo bel Falco. Talmente tanto, da rinunciare alla sua amata libertà.
© Christine Kaminski | Vietata la riproduzione senza consenso scritto
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