L’esame di fine d’anno di Magia si sarebbe tenuto il giorno del Solstizio d’Estate, in gran segreto nel Salone dei Festeggiamenti, e tutti si aspettavano strabilianti incantesimi e una bellissima festa a seguire.
Si poteva contare una lunga lista di aspiranti Fate che avrebbero senz’altro partecipato, e si auspicava che tutte le Fate di rango sarebbero intervenute. Anche Amina, all’ultimo anno di Corso, stava per fare la sua apparizione pubblica tra le Fate ufficiali o almeno lo credeva…
Amina e Gordo, un gatto nero ghiotto di dolci, erano entrambi orfani e vivevano insieme praticamente da sempre, tanto che non si sarebbe potuto dire chi dei due avesse trovato per primo l’altro.
Amina era stata accolta in casa da Lucilla, una buona Fata che si era presa cura di lei sin da piccina, e che si premurò di accompagnarla in quel giorno di così gran rilievo, lasciandole una raccomandazione estremamente importante: «Vedrai, Amina, ogni cosa andrà bene. Non mi sorprenderei se ti eleggessero “Fata dell’anno”, ma ricordati: non ti fidare di tua cugina Isotta, non c’è nulla che non farebbe pur di ottenere quel che vuole, e sa che tu sei più brava di lei ed anche di molte altre vostre colleghe. Non farle mai nessuna confidenza.»
Arrivate al Salone dei Festeggiamenti, subito una Fatina bassa e un po’ grassottella, con i capelli scuri e gli occhi piccini le si fece incontro. «Sei preparata, Amina? Mai quanto me, sarò la migliore!»
«Ciao, Isotta, spero di superare l’esame… ho studiato tutti gli incantesimi, però non mi riescono bene gli incantesimi d’amore. Lucilla dice che è perché non sono mai stata innamorata…» sospirò Amina, che nello stato di agitazione dal quale era assalita aveva dimenticato i saggi consigli della sua Fata Madrina.
La giuria sedeva con atteggiamento fiero e dignitoso in fondo alla sala. Ecco, era arrivato il momento, le candidate un po’ spaesate ed emozionate, l’una dopo l’altra si fecero avanti e il chiacchiericcio si spense.
La Fata più anziana, Fata Arzilla a capo della giuria, annunciò il primo incantesimo da eseguire: trasformare un rospo in un principe giovane e bello che dichiarasse all’allieva Fata il suo eterno amore.
«Chi di voi vuole cimentarsi in questa prima prova?» domandò squadrando altera le fila delle candidate.
Rammentando ciò che le aveva appena confidato la cugina in merito agli incantesimi d’amore, Isotta non si lasciò sfuggire l’occasione e diede una potente spinta in avanti ad Amina. Tuttavia, così facendo perse anch’ella l’equilibrio ed ambedue si trovarono in prima fila, volontarie per l’incantesimo d’amore.
«Bene, allora voi due eseguirete questa magia» decise la Fata con aria granitica.
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Povera Amina! Si guardò attorno e rabbrividì: tutti la stavano fissando in maniera alquanto insistente. Non era di certo quello che avrebbe desiderato, ma ormai cosa poteva fare?
Rifletté un istante e poi respirò a fondo, come per deglutire una medicina terribilmente amara.
Con un fil di voce accennò: «Ehm… io… sì.» E con lei anche Isotta, che non sapeva come tirarsi indietro.
Si avvicinarono alla Fata che teneva il rospo tra le mani. Amina chiuse gli occhi per concentrarsi, alzò la sua bacchetta e recitò la formula magica, mentre Isotta agitatissima cercava in qualche modo d’imitare gli stessi gesti e parole.
Stava per toccare con la bacchetta magica il rospo quando questo, forse spaventato o forse percependo il suo timore, balzò via dalle mani di Arzilla e Amina non fece in tempo a fermare la bacchetta, che finì per colpire la Fata anziana.
Fu un attimo: Arzilla si trasformò in una ranocchia e, insieme al principe rospo, salterellarono via senza che si riuscisse ad acciuffarli. Tutto accadde sotto gli occhi adirati della giuria e gli sguardi sbalorditi degli astanti.
«Io… io… non so come sia potuto succedere…» continuava a ripetere Amina con enorme dispiacere.
Il verdetto della giuria fu duro e inamovibile: Amina e Isotta sarebbero state allontanate dalla Comunità delle Fate, e private delle loro bacchette magiche fino al prossimo appello d’esame.
Quella sera Amina raccolse le sue poche cose e, col cuore ricolmo di dolore, si preparò a lasciare la casa di Lucilla. Gordo le era vicino e non voleva separarsi da lei.
«Sei sicuro di voler venire via con me? Pensaci bene… potresti restare qui, al caldo e con tante cose buone da mangiare.» Ma Gordo le fece le fusa per farle capire che non l’avrebbe abbandonata.
Lucilla l’abbracciò forte e disse commossa: «Buona fortuna, piccola mia, sono sicura che ce la farai e che ci riabbracceremo presto. Ricorda che, per compiere un incantesimo d’amore, bisogna imparare ad amare se stessi e conoscere l’Amore vero.»
In un momento Amina, Gordo e Isotta, si ritrovarono in un luogo sconosciuto con Isotta che non faceva altro che borbottare: «E pensare che adesso potevo essere la regina della festa e per colpa tua sono qui… Non sai neanche fare uno stupido incantesimo d’amore…!»
Trovarono un rifugio nel bosco e lì presero momentaneamente dimora. Capricciosa e indolente, nei tempi a seguire Isotta cercava sempre di farsi servire dalla buona Amina e, nonostante ciò, non contenta le faceva di continuo dispetti. Un giorno, tanto per dirne una, le venne in mente di scaraventare Gordo in cima ad un albero da cui il poveretto non era capace di scendere.
Senza la sua bacchetta magica, per salvarlo, ad Amina non restò altro sistema che andare a riprenderlo arrampicandosi sull’albero. Ed ora, purtroppo, né l’uno né l’altra sapevano come fare per venirne giù.
Quel giorno, per buona sorte, passava di lì un bel giovane di nome Costantino, che non appena notò quei due in difficoltà, si avvicinò a loro incuriosito.
«Tu e il tuo gatto credevate per caso di essere delle scimmie?» chiese con fare divertito.
Amina arrossì ma non diede peso alla sua magra figura, essendo prioritario riuscire a scendere dall’albero. Pertanto gli domandò umilmente aiuto e Costantino, agile e forte, arrivò a liberarli in poco tempo. Fu allora che si accorse di Amina: i suoi occhi vivaci avevano un’espressione aperta e rivelavano coraggio; il suo sorriso dolce, una grande bontà d’animo.
Amina scrutò quel giovine così bello dall’aria spensierata e amichevole, e per la prima volta si vide bella. Si era sentita così infelice ed aveva accettato quella triste situazione con rassegnazione. Adesso, in un attimo tutto era cambiato.
A quel punto Isotta, che era rimasta nascosta ad osservare la scena, un po’indispettita sbucò dal suo nascondiglio e si presentò: «Ciao, io sono Isotta… non far caso a mia cugina Amina, è proprio strampalata. Salire su un albero col rischio di rompersi l’osso del collo per quello stupido gatto!»
Isotta non smetteva più di parlare, ma anzi cincischiava alla rinfusa, e comunque Costantino non era in grado di seguirne i discorsi perché tutta la sua attenzione era per Amina. Infine si salutarono, e stabilirono di rivedersi il giorno seguente.
Isotta decise allora di inventarsi uno stratagemma per allontanare Amina. «Cugina cara, ho perso l’anello della Scuola di Magia. Se non lo ritrovo» affermò singhiozzando «sarò espulsa… aiutami, ti prego, credo di averlo perso vicino al fiume.»
Isotta glielo aveva chiesto di proposito, al fine di spedirla lontano, indicandole la direzione opposta a quella del luogo dell’appuntamento, dove si presentò invece da sola. Costantino vi si recò con entusiasmo ma rimase deluso nel constatare che non c’era Amina. Chiese notizie a Isotta, desiderava solo parlare di Amina. Isotta era seccata e non capiva.
Ma, come per magia, vagando nelle sue ricerche Amina si ritrovò proprio vicino all’albero del loro incontro e così a Costantino. Lo vide avvicinarsi e il cuore iniziò a batterle fortissimo. Forse lui l’aveva già dimenticata o se l’era presa perché lei non era andata all’appuntamento… Ma no. Le stava sorridendo. Poco dopo si tenevano per mano e ridevano felici.
Costantino avrebbe insegnato l’Amore vero ad Amina che, potete scommetterci, avrebbe superato l’esame di Magia. Dopotutto, cos’è l’Amore se non qualcosa di magico che rende gli Essere Umani soprannaturali?
© Christine Kaminski | Vietata la riproduzione senza consenso scritto
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